Esiste il caso?
In una notte di un freddo inverno milanese, due donne si smarriscono nella nebbia e sbagliano uscita sulla tangenziale. Una è di Milano, l’altra di un paesino del Nord Est. Vengono fermate da un poliziotto – è mercoledì e sono le tre, già di per sé suona strano – che proviene dallo stesso paesino. Un banale controllo documenti, palloncino, e vengono di nuovo inghiottite dalla nebbia, ridendo dell’esperienza surreale e originale. Dopo un mese squilla il telefono: è la polizia. Una delle due ha perso il portafogli, che è stato ritrovato, e solo grazie a quel controllo notturno è stato possibile risalire al contatto telefonico della proprietaria. Senza lo stop nella nebbia, niente portafogli, o almeno non così a stretto giro telefonico.
Richiama un po’ il Vangelo di Giovanni quando Gesù dice: “Io vado a prepararvi un posto”: è come se nella vita accadessero cose propedeutiche ad altre che, rilette a ritroso, fanno scorgere un filo rosso che unisce tutto, un disegno tanto perfetto quanto sconcertante che porta a chiedersi qualche sia stato il proprio ruolo, se quello di regista oppure di attore.
Everything everywhere all at once
Esiste il libero arbitrio, o siamo predestinati a compiere il nostro destino e a vivere ciò che ci accade? Questa è la teoria del film che ha vinto l’oscar nel 2023 Everything everywhere all at once, teoria che anima anche Siddharta, di Herman Hesse. “Il peccatore ch’io sono e che tu sei è peccatore, sì, ma un giorno sarà di nuovo Brahma, un giorno raggiungerà il nirvana, sarà Buddha. E ora vedi: questo “un giorno” è illusione, è soltanto un modo di dire! Il peccatore non è in cammino per diventare Buddha, non è coinvolto in un processo di sviluppo, sebbene il nostro pensiero non sappia rappresentarsi le cose diversamente. No, nel peccatore è, già ora, oggi stesso, il futuro Buddha, il suo avvenire è già tutto presente […]. Il mondo non è imperfetto, o impegnato in una lunga via verso la perfezione: no, è perfetto in ogni istante, ogni peccato porta già in sé la grazia, tutti i bambini portano già in sé la vecchiaia, tutti i lattanti la morte, tutti i morenti la vita eterna”. Ogni cosa, nello stesso momento già è, noi ne osserviamo l’apparente divenire. Da secoli la filosofia disquisisce della presunta libertà dell’uomo.
Una prima risposta si può trovare già nelle neuroscienze.
L’esperimento Libet
È da quarant’anni che si continua a replicare un esperimento proposto per la prima volta nel 1983 da Benjamin Libet che dà sempre lo stesso risultato, anche se negli anni i risultati sono stati monitorati da tecnologie sempre più precise e innovative. In sostanza, quando si è consapevoli di compiere un movimento, si decide di compierlo, il cervello è già avanti, si era attivato prima di questa presa di consapevolezza. Nel famoso esperimento, il soggetto doveva osservare un punto in movimento intorno ad un quadrante con dei segni tipo orologio, e muovere un dito a suo piacimento, quandunque avesse voluto, in corrispondenza del passaggio del punto su di uno dei segni. Gli strumenti rivelarono e rilevano a tutt’oggi che le aree del crevello preposte al movimento si attivano prima della decisione cosciente di compierlo.
Libet non trasse conclusioni, si limitò a constatare che «l’attivazione di un atto volontario spontaneo […] può iniziare, e di solito inizia, in maniera inconscia».
Galimberti e il Leviatano
Inoltre c’è da chiedersi se davvero siamo i liberi artefici del nostro quotidiano. Lasciando stare il Leviatano, la figura mitologica che rappresenta il mostro della società di cui gli umani sono le cellule, costrette a sottostare alle sue regole, è il filosofo Umberto Galimberti il più lucido pessimista a riguardo: secondo il suo pensiero, che si rifà alla cultura greca, le azioni di ciascuno sottostanno oggi alle leggi della tecnica, che ci sovrasta riducendoci non più a esseri umani ma solo a funzioni di un apparato. Perciò ogni gesto è già anticipatamente descritto dall’organigramma per il buon funzionamento dell’apparato stesso. Dobbiamo produrre e consumare per far funzionare il sistema. Non molto accattivante come prospettiva.
In conclusione no, non esiste il loibero arbitrio
John Horgan, divulgatore scientifico, è definitivo sulla questione.
a) Se le tue decisioni future sono determinate dal passato, non hai il libero arbitrio.
b) Se le tue decisioni future sono casuali, significa che nulla le può influenzare, e quindi non hai il libero arbitrio.
c) Se le tue decisioni sono una qualsiasi combinazione di a) e b), non hai il libero arbitrio.
Certo, i processi sono predeterminati ma non prevedibili, per cui possiamo ancora restare rilassati a godere il film che è la nostra vita senza troppa paura di spoiler.
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