Chi comanda?
Siamo sempre certi di poter fare quello che desideriamo, o talvolta le abitudini che non riusciamo a modificare prendono il sopravvento su di noi? Siamo padroni di scegliere cosa fare con le emozioni che proviamo, di come comportarci quando un’emozione ci assale? Spesso reagiamo di fronte ad una situazione, impulsivamente, invece di soffermarci a soppesare l’accadimento per agire di conseguenza.
Oppure, abbiamo un blocco che ci impedisce di essere come vorremmo o di fare ciò che ci piacerebbe.
Libertà di essere
Essere liberi nel proprio comportamento, cioè comportarsi come si vuole, come si ritiene adeguato, non essere preda di impulsi né di blocchi è quasi sempre il motivo per cui una persona decide di intraprendere un percorso di counselling.
Vorresti guidare con meno aggressività, soffrire di meno i colleghi indisponenti, essere più in controllo di te, insomma. Oppure vorresti ballare ma ti vergogni. Qualcosa ti impedisce di farlo, eppure per gli altri sembra così semplice muoversi al ritmo di musica! Senti dentro, nel corpo, un elastico che ti trattiene, o forse un peso sul petto. E rinunci ad andare in pista a scatenarti. Oppure vorresti tanto dire delle cose, ma ti manca il respiro, e allora taci. Non ti soffermi su ciò che provi perché è doloroso e svilente, semplicemente fai quello che non vorresti fare, oppure non fai quello che vorresti, te la metti via, e bon. Ti è mai capitato?
Il cervello è abituato
In primis, non dipende tutto da te: non è il tuo io cosciente a tenderti questi tranelli, bensì talune parti del tuo cervello che sono abituate a comportarsi così. Tecnicamente, questa reattività si chiama interruzione del ciclo del contatto, che consiste nel non riuscire a fare contatto con una propria istanza interiore. Qual è il motivo per cui ti vergogni, ad esempio? Da dove origina la vergogna? Come fare contatto con questa emozione e come risolverla?
La formazione quadriennale che ho seguito si occupa proprio di questo, di accompagnare le persone a fare contatto con ciò che provano, partendo dal modello della Gestalt. Questa teoria, nata cent’anni fa, si occupa di percezione. Il termine Gestalt significa forma, e viene compreso, per esempio, non appena si guarda questa figura, il famoso Triangolo di Kanisza.
Osservando questa immagine vedi un triangolo, eppure qui non c’è nessun triangolo! Il fatto è che il tuo cervello è abituato a costruirne uno partendo dagli elementi base che ha. Nella seduta di counselling vieni accompagnato a vedere e scardinare i tuoi automatismi. Ma un counselor più anche aiutarti ad imparare modi più efficaci ed efficienti per comunicare, simulando dialoghi e situazioni, guidandoti ad osservare ciò che ti si muove dentro emotivamente, comprendendolo ed utilizzandolo per arrivare a relazioni più trasparenti, con il mondo esteriore ma anche con quello interiore.
Il counselor accompagna il cliente (il termine paziente si usa solo per chi è malato) a risolvere i suoi disagi interiori attraverso una rimappatura delle sue abitudini e modi di interpretare la realtà, e lo fa non solo con le parole ma con appositi esercizi pratici. Attraverso il contatto con l’esperienza, osservando “da fuori” la situazione, la si contempla nella sua interezza, con tutte le sue sfaccettature, e non solo nella forma che ormai il cliente ha fissa nella sua visione.
La meditazione
Se ne parla fino alla nausea, ma unicamente perché è davvero uno degli strumenti più potenti: se i comportamenti, il carattere, la personalità si manifestano come conseguenze del funzionamento dei circuiti cerebrali, è logico che modificando questi circuiti, si modifichino i comportamenti e ciò che ne consegue.
Modificando alcune parti di sé con esercizio che coinvolgono stati non ordinari di coscienza (i cosiddetti stati alfa), si ha la possibilità di andare a maneggiare direttamente la plasticità del cervello, metaforicamente parlando: si può agire direttamente sull’hardware.
È un argomento su cui c’è molto da dire, a maggior ragione da quando le neuroscienze hanno sviscerato il legame tra cervello ed abitudini, per cui ne scriverò ancora!
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